Titolo originale: L’Innamoratore
Autore: Stefano Piedimonte
Prima edizione: 2016
Mia Edizione: Rizzoli
Pagine: 269
Genere: Romanzo
Sottogenere: Poliziesco, Scienze Umane
Possibile che sono più i libri che compro di quelli che leggo? Sugli scaffali tanti libri in attesa di essere letti, comprati in momenti di ispirazione, eppure quando arriva il momento di iniziarne uno, vengo attirato da altri titoli che non ho, come in questo caso…
La storia narra le vicende di Ivan Sciarrino, un uomo nato a Napoli nel millenovecentosettantanove, che di professione fa l’innamoratore; viene assoldato da ricconi di ogni genere per far innamorare le donne, che poi siano mogli di rivali in affari o le proprie, non ha importanza. I servigi di Ivan gli fruttano parecchio (600€ al giorno più le spese), ma purtroppo l’unico modo che ha per far innamorare le donne di lui è di innamorarsene a sua volta, quindi a fine incarico si ritrova tanto più ricco quanto più triste. Le vicende del romanzo ruotano attorno all’ultimo “lavoro” di Ivan, dove però qualcosa è andato storto: Soraya, la bellissima italo-marocchina che Ivan doveva far innamorare è sparita e lui si ritrova in un letto d’ospedale a dover dare spiegazioni ai carabinieri…
Sarà che l’ho visto recentemente, ma all’inizio mi è venuta facilmente in testa un’assonanza con il film di Andy Tennant “Hitch – Lui si che capisce le donne“, comunque devo dire che andando avanti con la lettura ho trovato la storia più curiosa ed intrigante (e per nulla melensa!).
“Grey! Lei è come Grey dalle sfumature, no?”
“Grey dalle sfumature? Ma che è, una scimmia congolese?”
“Il protagonista di quel…”
“Si. Si. Ho capito. Be’, lei pensi a Christian Gray. Ci sta pensando?”
“Si.”
“Ecco, io sono l’opposto. Il tizio, lì, nella realtà può andar bene per un weekend, io devo andar bene sette giorni su sette. Se alle donne, le donne vere, bastasse un legaccio, qualche sculacciata, un paio di manette… Lei davvero crede che le donne siano così…semplici? Be’, allora è la vittima ideale. La distruggeranno.”
Il brigadiere parve allarmarsi.
La trama viene ripercorsa in ospedale assieme a due carabinieri che interrogano il nostro protagonista, intrecciando piccoli flash-back e digressioni con dei simpatici e curiosi siparietti. La scrittura di Piedimonte è scorrevole, estremamente ironica, ma anche molto introspettiva, degna di un ottimo autore, del quale fin’ora, non avevo ancora letto nulla. Adorabili anche se forse un po’ scontati i personaggi di Immacolata e Nadia, la prima sorella disperata dal non-rapporto con il fratello e la seconda, migliore amica lesbica grezzona, ma dal cuore d’oro. L’unica cosa che mi è un po’ dispiaciuta è che non c’è un vero e proprio sviluppo dei personaggi, il che rende difficile entrarvi pienamente in contatto. A cosa pensa l’innamoratore? Come vive questa sua “professione”? Come fa a disinnamorarsi a fine incarico? Sono alcune delle domande che non hanno trovato risposta leggendo, lasciandomi un pizzico di amaro in bocca…
Donne così erano state create per ricordare agli uomini tutta la loro debolezza, per strappar loro il cuore dal petto e farlo rotolare sul pavimento. Se qualcuno glielo avesse domandato, Ivan avrebbe giurato sul proprio onore che a ogni nuova missione aveva provato per le donne da innamorare un sentimento sincero, autentico, di amore profondo. Credeva, per farla breve, che il suo segreto fosse proprio quello: innamorarsi per far innamorare.
L’amore è un po’ il fulcro, il core di tutta la storia, ma in una forma inusuale, poichè non è il “semplice” amore tra uomo e donna, bensì un amore visto come amore che non c’è più, quello che ricerca Ivan negli occhi delle sue vittime. Ho trovato bellissimo il complimento alla complessità femminile che si può assaporare tra le righe e la provocazione fatta agli uomini che sempre meno si sforzano di ascoltare e capire fino in fondo le loro compagne completa l’opera. Se c’è una cosa infatti che Ivan insegna, è che non può esserci un sano e bel rapporto d’amore se mancano comprensione e complicità.
I sentimenti sono la cosa più sacra, forse l’unica per cui ha senso campare…